Gratitudini e altre gratitudini

rubrica Leggere negli anni verdi

école aprile 1997

                                                                                                           

Mi oppongo, Vostro Onore, mi oppongo.

È vero, questa mattina ho percorso la rotonda di piazza Piola tre volte e per intero, ma non l'ho fatto perché sia impazzito, né perché non ci fosse il solito fiume di auto. E so bene di avere fatto i tre giri col motore in seconda e con la faccia della felicità, ma non certo perché non ci fossero più i faccioni elettorali dei formentini e degli albertini imploranti di fargli fare un giro da sindaco.

No, se stamattina ho fatto i tre giri con la faccia di quando ho letto Stevenson è soltanto perché nell'aiuola centrale della piazza - e ieri non c'erano ancora, lo giuro, e c'erano invece già tutti i tormentini - tra i tigli e i pini e uno splendido cedro sono esplosi tutti insieme il giallo e il rosa e il bianco delle forsizie, dei ciliegi da fiore, degli alberi di Giuda.

Dietro suonavano i clacson, allora ho risposto cantando in modo lampante, una poesia di Femando Bandini: "Ora, compagni, che la primavera / accende fiori tra gli alberi secchi / (...) / è necessario prendere coscienza / della vita che libera fiorisce / e fare il punto / sulla naturale evoluzione / che dall'anno scorso / ha subito il canto del verdone / e il colore della foglia d'acero / e il profumo del melo cotogno / (...) / e affronto l'argomento / dell'impassibile vento/ che a marzo scompiglia le cose / ancora una volta."

Hanno continuato a suonare, inesorabili, e si vedevano anche bocche da tenore - un po' scomposte, se devo dirla tutta. Avrei voluto fermarmi a spie gare, ma nello specchietto retrovisore e nelle auto che mi superavano vedevo solo facce minacciose, allora mi sono lasciato sopraffare dalla vigliaccheria e li ho lasciati tutti nel loro irosamente ribollente brodo.

E così non sapranno mai che dietro il mio andare trasognato e la faccia da dopo-Stevenson non c'era soltanto la grata contemplazione di quei colori, per di più resi ancora più vivi dall'impassibile vento. C'erano anche, infatti, altre grati tudini, e alcune proprio specifiche della cosiddetta letteratura per l'infanzia e del "leggere negli anni verdi".

 Gratitudine a Frediano Sessi, che si è cimentato nella difficile arte del diario e ha scritto Ultima fermata: Auschwitz. Storia di un ragazzo ebreo durante il fascismo (Einaudi Ragazzi, con le molto pertinenti illustrazioni "d'epoca" di Cecco Mariniello). Gratitudine rinnovata, questa, giacché Frediano Sessi ne suscita moltissima da anni, soprattutto per la preziosa cura dell'edizione integrale del Diario di Anne Frank, de Il libro ritrovato di Simha Guterman, del diario1939- 1944 di Mary Berg, Il ghetto di Varsavia (tutti usciti da Einaudi). Gratitudine a Lia Levi, che ha raccontato ora con dolorosa tenerezza Una valle piena di stelle (Mondadori), storia di una ragazzina ebrea e della sua famiglia in una Svizzera raggiunta per sfuggire alle leggi razziali. Ma anche per Lia Levi la gratitudine non è di oggi, risalendo infatti alla sua direzione del mensile "Shalom" e ai libri, pubblicati dalle Edizioni e/o, Una bambina e basta e Se va via il re (non ho letto invece Quasi un'estate, anch'esso e/o).

Gratitudine anche per Maria Battaglia, che illustrando per le Edizioni C'era una volta Il Bambino che Lavava i Vetri ha reso finalmente bellissimo anche da guardare un libro di Vivian Lamarque, la quale fino ad ora aveva pubblicato presso E.Elle e Mursia delle storie molto belle ma avvilite da illustrazioni che è meglio dimenticare (mentre alcune tra quelle di Aura Cesari per Il libro delle ninne nanne, Edizioni Paoline, erano notevoli).

E poi gratitudine per un'altra Battaglia: Laura, che ha dato un contributo decisivo all'allestimento, presso il Palazzo Bagatti Valsecchi a Milano, di una splendida mostra dedicata al grande Dino Battaglia - Narratore illustratore disegnatore, come giustamente dice il titolo della mostra e del relativo catalogo, edito da Hazard (E adesso bisogna allestire analoga iniziativa per un altrettanto grande "narratore illustratore disegnatore": Sergio Toppi). La mostra è molto ampia, ricchissima, si può guardarla per ore, leggerla e rileggerla, passare con struggente meraviglia da Till Ulenspiegel a Gargantua a Francesco d'Assisi al Dottor Jekill al Gatto con gli stivali a San Giorgio all'Uccello di fuoco a Re Peste a Lady Ligeia a Scrooge al Golem a Giamil al capitano Achab alle storie di Maupassant e ancora e ancora. In mostra sono in vendita diversi libri di Dino Battaglia, ed è una bella occasione, perché non è facile trovarli in libreria. Purtroppo non c'è il bellissimo Moby Dick, pubblicato nel 1986 dagli Editori del Grifo e ancora disponibile. Non è, ovviamente, paragonabile al libro di Melville, eppure mi preme anche dire che il Moby Dick a fumetti di Battaglia, come pure l'omonimo film di lohn Huston, ne è una mirabile interpretazione.

Affermo questo serenamente, io che, proprio come il narratore del bellissimo racconto di Michele Mari Otto scrittori - contenuto in Tu, sanguinosa infanzia, Mondadori - pronuncio "Herman Melville" come se dicessi Aleph o Adonai, giacché so bene che Moby Dick è il Primo Libro della mia bibbia, quel libro che "travolgendo le regole è nel contempo romanzo, trattato, poema, diario di bordo, tragedia, sacra rappresentazione, ballata, (...), libro dello squarciamento e del colamento, dell'urlo e della demenza, del tormento e della dannazione" e lo ha scritto un demonio travestito da uomo, giacché "nessun uomo può averlo scritto perché quel libro è l' Apocalisse e la sua parola è antica come il boato della Profezia e il suo respiro è il rantolo degli Angeli caduti>>

Parola di Secundra Dass. E questo è un altro motivo di gratitudine a Michele Mari e al suo racconto. Perché è proprio il servitore del signore di Ballantrae che in Otto scrittori chiude il cimento tra Melville e Stevenson sancendo l'inarrivabilità del primo e al tempo stesso affermando che il suo autore <<mio padre, il Sahib Tusitala, è il più grande raccontatore di razza umana, perché quell'altro è un demonio travestito da uomo>>.

Sì, gratitudini.