Marco
              Revelli ha scritto un libro molto bello e molto doloroso, Fuori
              luogo. Cronaca da un campo rom, pubblicato nel settembre
              scorso da Bollati Boringhieri. Si tratta del racconto di
              un'esperienza vissuta l'inverno precedente presso il campo nomadi
              di quella terra di nessuno che si trova tra il torinese corso
              Cuneo e il comune di Venaria Reale. Ho incontrato Revelli a
              Torino, prima di una "serata zingara", al Teatro Juvarra,
              dove si è presentato il libro, si è visto il film di Mimmo
              Calopresti, Remzija, si è ascoltata la musica di Santino
              Spinelli, le parole forti e dolenti di Remzija
              
              
               
              
              
               
              
              
              Nei
              campi i bambini ci sono, eccome, Quando dici di avere Visto più
              sorrisi nei campi che nei consigli di facoltà" non mi sembra
              difficile capire a cosa ti riferisci, quando dici che i bambini
              costituiscono per certi versi il fulcro della vita del campo...
              
              
              Devo
              premettere di non essere un esperto in rom o in zingari, anche se
              alcuni hanno letto il libro come se ne fosse uno studio. In realtà
              quando li ho incontrati, lo devo ammettere con vergogna, ero
              spaventosamente ignorante, non sapevo nemmeno che ci sono diverse
              componenti
              
               nella
              grande galassia nomade. Quello che a me è successo è, per una
              casualità, di passare oltre il muro dell'opacità, della non
              conoscenza, di lanciare per un breve periodo uno sguardo
              dall'altra parte di quel muro. Anche se potrebbero sembrare delle
              idealizzazioni di quel mondo, una visione troppo idilliaca, in
              realtà quel che comunico è il mio stupore, i miei soprassalti di
              stupore nel guardare questo mondo alla rovescia e scoprire quanti
              pregiudizi possano venire rovesciati. Tra questi rovesciamenti dei
              pregiudizi, tra questi elementi di mondo alla rovescia, c'è anche
              il pro
              
              blema
              dei bambini. Nell'immaginario collettivo contadino, e poi anche
              metropolitano lo zingaro è colui che rapisce i bambini, è colui
              che li sfrutta, che li usa come strumento per la questua, che li
              esibisce al semaforo per impietosire; questo è il luogo comune
              che circola. Vista dall'altra parte del muro la realtà è molto
              diversa. I bambini sono effettivamente il cuore della comunità,
              almeno della comunità che io ho conosciuto. Lo sono intanto
              numericamente, una presenza strabordante, più della metà: molti
              bambini, moltissimi neonati, un dato demografico che è
              esattamente l'opposto delle nostre società così rarefatte. I
              bambini sono molto integrati nel gruppo, hanno un ruolo molto
              evidente, non sono vezzeggiati, sono molto spesso a sei-sette anni
              trattati già come adulti. C'è un processo di crescita molto
              rapido, ci sono diversi riti di passaggio, e spesso questi
              elementi sono difficilmente comprensibili dalla nostra società.
              Ma questa società che li guarda dal di fuori non riesce nemmeno a
              decodificare questo altro tipo di rapporto. Per esempio, ho
              scoperto che a Torino, nell'ultimo anno, il Tribunale dei Minori
              ha avviato trentatre cause di sottrazione di bambini ai loro
              genitori nella comunità dei nomadi torinesi (circa un migliaio di
              persone) per darli in affidamento o addirittura in adozione ad
              altri genitori. Ho scoperto insomma che sono i gagé che rubano i
              bambini agli zingari. Magari con motivazioni apparentemente
              altissime, nobili, umanitarie, in ragione del fatto che in quelle
              condizioni non è garantito il minimo livello di igiene o di
              educazione... ma nessuno che pensi di migliorare l'igiene dei
              campi, dare sussidi ai genitori, e così via. Molte di queste
              cause sono determinate dal fatto che i bambini sono stati sorpresi
              ai semafori, magari con i genitori, in braccio alle madri; come se
              al campo... Io li ho visti al campo... Sono in mezzo ai topi,
              vicini agli scoli delle fognature, vicino alle autostrade, alle
              ferrovie, in un intrico di pericoli. Un bambino è sicuramente più
              al sicuro insieme a sua madre a un semaforo che non incustodito al
              campo. Questo è un classico pregiudizio da rovesciare. Ho visto
              madri molto preoccupate e attente con bambini di pochi mesi
              ammalati al campo, costretti al freddo... e amministrazioni
              comunali che si rifiutavano di fornire l'allacciamento della luce,
              
               magari
              dopo averlo promesso.
              
               Un
              mondo rovesciato. lo consiglierei a tutti, come esercizio
              pedagogico, di passare un brevissimo periodo della loro vita dal...
               (parte
              mancante)