Pare
              che ritornare sul luogo del delitto sia pressoché inevitabile. E
              così, trattenuto - o
              
               spinto
              - a farlo soltanto dalla
              
               voglia
              di cantare e ballare e saltare per festeggiare adeguatamente
              l'assegnazione del premio Nobel a quel grande mago che è Gunter
              Grass, ritorno anch'io su quel
              
               luogo
              del delitto che è l'elenco
              
               delle
              Cento voci imprescindibili da
              
               incontrare
              negli anni verdi e verdissimi - elenco snocciolato in
              
               tre
              puntate, nel mesi scorsi, qui.
              
              
              Ci
              torno perché appunto è inevitabile, ma non ci torno con fare
              
               circospetto,
              né a cercare di cancellare
              tracce, a mutare alcunché.
              
               Ci
              torno strepitando e strombettando,
              battendo su un tamburo di
              
               latta,
              altroché, annunciandolo
              
               forte,
              a piena voce, volendo far
              
               sapere,
              volendo che si sappia. Ci
              
               torno
              per, se possibile, rinforzare
              
               le
              tracce; firmarlo, il delitto, e
              
               autenticare
              la firma.
              
              
              Sottolineatura
              prima. "Lo cunto de
              
               li
              cunti? Kusalèkkeski?". Lo cunto
              
               de
              li cunti. è una meraviglia, un
              
               grandissimo
              libro. È scandaloso
              
               quanto
              poco sia conosciuto in Italia. Strano paese, questo, che possiede
              un tale tesoro e non se ne
              
               fa
              vanto; anzi, lo misconosce. Provi
              a chiedere in giro, egregio padano, se qualcuno conosce Vardiello,
              o Peruonto, i sette colombelli, la martella, Petrosinella, la
              
               cerva
              fatata, Zezolla. Di quest'ultima,
              poi, conosco n tutti la versione Disney - un film davvero
              
               bello,
              con personaggi aggiunti
              
               deliziosi,
              ma anche con l'inaccettabile
              cancellazione del padre di Zezolla, fatto che stravolge le
              implicazioni della storia -, però lo sanno in pochi, troppo
              pochi, ahimé, che si tratta della più bella e più ricca
              Cenerentola. E per di più Giambattista Basile, nella sua
              impareggiabile lingua, l'ha scritta sessant'anni prima di Perrault,
              duecento anni prima dei fratelli Grimm, più di trecento prima di
              Walt Disney.
              
              
              "Scusi,
              ma cosa c'entra l'entusiasmo per il Nobel a Grass con l'adorazione
              per uno scrittore barocco napoletano?" E ha pure il coraggio
              di chiedermelo?! Ma mi faccia il piacere!
              
              
              Sottolineatura
              seconda. "Ma davvero lei vuole far leggere ai bambini di oggi
              un libro come I bambini acquatici del reverendo Charles
              Kingsley? È del 1863! Ma non sa che persino Antonio Lugli, nella
              sua Storia della letteratura per l'in
              
              fanzia e la gioventu, ha detto che si tratta di un libro che
              "cela, sotto un'apparenza di piacevole fiaba, peraltro
              alquanto bizzarra, un fine educativo e didascalico destinato a
              perire di vecchiaia"?". Egregio oggidiano, sa cosa me ne
              faccio di questo parere personale del collega Lugli? Ebbene si, ai
              "bambini di oggi" - ma anche, o forse soprattutto, agli
              adulti di oggi - vorrei far leggere il libro del reverendo
              Kingsley: c'è un estremo bisogno, infatti, di spiegare ai bambini
              l'utopia. Il problema è che le edizioni disponibili sono
              piuttosto respingenti.
              
              
              Sottolineatura
              terza. "Leggendo il
              
               suo
              elenco, balza immediatamente agli occhi che l'autore cui è
              riservato il maggior numero di voci - ben quattro - è Sergio
              Tofano. È quindi il suo autore preferito..." Ecco arrivato
              il contabile, l'esattore fiscale, il commercialista. Vivono di
              numeri, credono solo ai numeri, e ovviamente finiscono per dare i
              numeri. Certo, riservare quattro voci al sommo Tofano è il minimo
              che si possa fare. Ma lei, egregio conteggiatore, mi sembra
              scarsino anche come contabile. Perché, se guardasse bene,
              potrebbe scoprire che anche Ted Hughes compare con quattro titoli.
              E Isaac Bashevis Singer compare sì con tre titoli, ma uno di
              essi, Storie per bambini, è composto da trentasette
              racconti, ognuno dei quali meriterebbe una voce: la conclusione
              contabile allora è che Singer, sia il suo ricordo fonte di
              benedizioni, è presente con trentanove voci - o quaranta, a
              scelta del contabile. Inoltre: ci vuole proprio una testa da
              commercialista per pensare che Pinocchio, o L'isola del
              tesoro, o qualunque altro titolo di Stevenson, possa valere
              "uno". In ogni caso, mi piace moltissimo Sergio Tofano.
              Quanto all"'autore preferito": non esiste. Ne esistono,
              e diversi; ma negli anni verdi e verdissimi non è il caso di
              leggere Melville, Guimaraes Rosa, Faulkner... A proposito di
              autori preferiti: le farà piacere, egregio contabile, sapere che
              l'ultimo libro di Gunter Grass si intitola Il mio secolo. Cento
              racconti.
               Sottolineatura
              quarta. "Non pen
              
              sa di avere esagerato con gli scrittori israeliani? Non sono un
              po' troppi per un paese tanto giovane e tanto piccolo? Non sarà
              per caso un po' sionista? Peraltro il suo nome trasuda
              giudaismo...". Egregio imbecille, Israele sarà anche giovane
              e piccolo, ma questo non ha impedito che vi nascessero molti
              scrittori grandi e grandissimi. Mi dispiace, anzi, di non avere
              incluso nelle cento voci anche Le avventure di Itamar e Un
              milione di anni fa di David Grossman (Mondadori), Una
              pantera in cantina di Amos Oz (Fabbri), Lezioni di volo
              di Nava Semel (Mondadori), Com'è diffidle essere un leone
              di Uri Orlev (Salani), Giobbe,
              
               Ciottolo
              e l'elefante, La casa dove gli scarafaggi muoiono di
              vecchiaia e Weiss. Storia di un cane di Yoram Kaniuk (Mondadori).
              
              
              Sottolineatura
              quinta. "Nel suo elenco non c'è Gianni Rodari. Non c'è
              Bianca Pitzorno. Si lamenta perché in Italia non è conosciuto
              Basile, poi è lei il primo a trascurare le glorie
              nazionali". È vero, egregio egregio, nell'elenco non
              compaiono né Rodari né la mia amica Bianca. Bravissimi entrambi,
              e molto importanti. Saranno al centunesimo posto. D'altra parte
              non vi sono nemmeno Robert Westall, Leon Garfield, Alfonso Gatto,
              Daniel Pennac, Mino Milani, Robert Cormier, Vittorio Imbriani,
              Andrea Molesini, Philip Ridley, John Masefield... Saranno al
              centunesimo posto.
              
              
              Sottolineatura
              sesta. Cento di questi giorni, Gunter Grass.