Soumchi

Rubrica Leggere negli anni verdi

école

                                                                                                           

A conforto della mia unmetrefischiesca statura procuro spesso di arrivare finanche a compiacermene raccontandomi una favola esopica. Non una a caso, beninteso, bensì una che Esopo stesso, piccolo e deforme, immagino potesse avere particolarmente cara. Si tratta di Giove e gli uomini,- una delle poche in cui non compaiono animali, e tanto breve da potere esser trascritta qui per intero: "Giove, dopo avere formato gli uomini, ordinò a Mercurio di versare loro la intelligenza. Mercurio fece tutte le parti uguali, e versò a ciascuno la sua. Così accadde che gli uomini di piccola statura, cui la dose bastava a émpierli tutti, diventarono bene intelligenti; i grossoni, invece, poiché la pozione non arrivava a tutto il corpo, restarono i più stolidi."

Probabilmente il Mercurio di turno ha operato in modo analogo con Israele e gli scrittori, visto l'incredibile addensamento di questi ultimi in un paese tanto piccolo e abitato da poco più di cinque milioni di persone: da quello che è probabilmente il maggiore scrittore in assoluto, Abraham B.Yehoshua, a David Grossman, da Amos Oz a Yaakov Shabtai, da Aharon Appelfeld a Yoram Kaniuk, da Benjamin Tammuz a Itamar Levy, da Ruth Almog a Daniela Karmi, da Yoel Hoffmann a Savion Liebrecht, da Yehoshua Kenaz a Uri Orlev, da Yehuda Amichai a Nathan Zach. Tra questi, alcuni sono grandissimi, come Yehoshua, Grossman, Shabtai, Oz.

Si potrebbe pensare che questo abbia a che vedere con il fatto che il popolo ebraico è il popolo del Libro; probabilmente si tratta invece di qualcosa che ha a che fare con la giovane età dello Stato e della lingua. Ha detto una volta Amos Oz: "Israele è forse l'unico paese al mondo dove lungo tutta una generazione sono stati i figli a insegnare a padri e madri la propria lingua". La ragione per cui ne faccio cenno qui non risiede nel rilevamento di questa importante e suggestiva realtà; né risiede nel fatto che dall'opera di questi scrittori - e in alcuni casi con esiti straordinari - emergano ritratti memorabili di bambini e ragazzi. La ragione per cui ne parlo qui è molto più contingente, legata a un fatto specifico e di per sé sostanzialmente banale: la traduzione italiana di un libro "per ragazzi" molto bello. Si tratta di Soumchi, di Amos Oz, pubblicato ora nella traduzione di Glauco Arneri e con le illustrazioni di Fabian Gonzales Negrin da Mondadori nella collana "Contemporanea". (Di Amos Oz, non-per-ragazzi, si possono leggere in italiano romanzi molto belli come Conoscere una donna, Guanda, e Michael mio, Bompiani; racconti splendidi come Il Monte del Cattivo Consiglio, in Capolavori della letteratura ebraica, Theoria, La via del ven to, in "Linea d'ombra" n. 120; i saggi di In terra di Israele, Marietti) .

Soumchi è un ragazzino undicenne che vive a Gerusalemme, al tempo dell'occupazione inglese di quello che diventerà poi lo Stato di Israele. Le vicende della Storia affiorano soltanto marginalmente, quel che invece si dispiega abbondantemente è la storia di Soumchi, dei suoi desideri e del loro cozzare con le logiche inspiegabili e insormontabili della cosiddetta realtà. Soumchi si muove sempre sul confine di ingenuità e ironia, si appassiona e stupisce, e si cimenta con un sentimento d'amore incontenibile per Esthie, ragazzina con le trecce, e con il proprio tentativo di dissimularlo. Tentativo piuttosto goffo, questo, e che si infrange sulla solare saggezza di Esthie, che non si vergogna di esprimere il proprio amore.

La storia si potrebbe anche raccontare con le stesse parole di Soumchi, che ne fa una stringatissima sintesi in chiusura del libro: "Ecco, così siamo arrivati alla fine della storia. Posso raccontarla in poche parole. Di come una volta mi regalarono una bicicletta che scambiai con un treno elettrico; di come barattai il treno con un cane; di come al posto del cane trovai un temperino e lo diedi via per amore. Ma questa non è tutta la verità, perché l'amore c'era anche prima che dessi via il temperino, prima che cominciassero tutti questi scambi".

Però quel che conta, in questo bel libro, più della trama, è il suo delineare un personaggio come Soumchi, parente stretto di Tom Sawyer e di Cik, protagonista de Il tè e l'amore per il mare di Fazil' Iskander, ma richiamante anche personaggi della cultura popolare come il Jack del fagiolo magico e Giufà allorché, incuranti di uno scambio apparentemente poco vantaggioso, si ritrovano alla fine ad esserne ben più che risarciti. Quel che conta è la luce dialettica che si apre sui comportamenti adulti, sul venir meno delle fantasticherie e il sopraggiungere dell'immaginare. Quel che conta è forse, soprattutto, che il libro si chiude aprendosi su nuove domande.