| Cinema naturale da ècole 3 2001 | 
                                                                                                           

| Chi legge queste pagine fa parte abbastanza inevitabilmente di quella minoranza di cittadini italiani cui non è estranea la pratica della lettura. Non solo, ma chi legge queste pagine sa anche quanto minoritaria sia in questo paese tale pratica, e quanto singolarmente lo sia all’interno di quella categoria che invece si supporrebbe dovesse averla incorporata in sé, all’incirca costitutivamente, come il respiro: gli insegnanti. Però, appunto, come tutti ben 
  sanno, come categoria, gli insegnanti non sono
            propriamente “lettori forti”, anche se sono proprio rari coloro
            che riescono ad evitare di affermare contriti che scolari e studenti
            non leggono. Peter Bichsel, in un saggio pubblicato in quel
            bellissimo libro che è Il
            lettore, il narrare (Marcos y Marcos, 1989), però afferma di
            conoscere «addirittura alcuni professori che non sono dei lettori»:
            non lo sono proprio, altro che “lettori forti”; e, a evitare
            equivoci, precisa anche che «li si riconosce dal fatto che si
            lamentano fin troppo dei loro studenti che non leggono». Credo che
            ne conosciamo tutti. A volte, poi, frequentandone, e anche leggendo
            questa rivista, viene persino da pensare che gli insegnanti vadano
            abbastanza al cinema, ma che alla lettura, ai libri dedichino uno
            spazio decisamente marginale.         
            Nel passato, in queste pagine, a
            volte si sono segnalati libri che nascevano sicuramente da nobili
            intenzioni ma il cui spessore non giustificava in alcun modo il
            fatto che se ne parlasse a scapito del parlare di libri magari meno
            direttamente riconducibili alla pedagogia e alla scuola ma
            infinitamente più pregnanti a tutto campo, e quindi anche
            relativamente alla pedagogia e alla scuola. In altre parole, mi
            sembra veramente poco sensato che non si sia riflettuto a proposito
            di quali implicazioni potessero (e possano) avere sul nostro essere
            educatori, trasmettitori di sapere, intellettuali, opere come quelle
            contenute nei libri di Carlo Ginzburg o di George Steiner, di Leslie
            Fiedler o di Sandro Portelli — ma siamo ancora in tempo a
            rimediare, essendo essi di importanza non certo circoscrivibile ai
            ristretti dintorni della loro pubblicazione.         
            Si tratterà, insomma, di puntare
            maggiormente alla riflessione su quel che dura anche a lunga
            distanza, e un po’ meno alla puntualità nella segnalazione delle
            novità, anche perché i tempi della rivista permettono tutto tranne
            la tempestività.         
            Fortunatamente però succede anche
            che vengano edite novità di notevole rilievo. In queste settimane,
            per esempio, sono usciti alcuni ottimi libri di estrema utilità
            anche sul versante della dimensione educativa e formativa, utilità
            tanto maggiore quanto (apparentemente) tortuosamente lontana. Dalla
            nuova edizione accresciuta di Infanzia
            e storia (Einaudi) di Giorgio Agamben a Requiem
            per Harlem (Garzanti), quarto e conclusivo volume
            dell’autobiografia di Henry Roth, autore di Chiamalo
            sonno, libro che, vincendo la tentazione di definirlo tout
            court “il più bel romanzo”, non esito a ritenere il più
            bel romanzo sul rapporto tra madre e figlio; da Non
            siamo capaci di ascoltarli. Riflessioni sull’infanzia e
            l’adolescenza (Einaudi) di Paolo Crepet alle “domande e
            risposte e domande” di Che cos’è l’antisemitismo? Per Favore Rispondete (Mondadori) di
            Lia Levi, con in appendice una sintetica ma utilissima Nota storica di Luciano Tas; dalle Nuove storie dalla corte di mio padre (Longanesi) del grande Isaac
            Bashevis Singer alla riedizione del bellissimo La veglia all’alba (SE) di James Agee, racconto poetico di peccato
            e redenzione, di desiderio e rimozione del sesso, di cimento con la
            morte attraverso la morte di Cristo e quella del padre, di ricerca
            del corpo e della santità, romanzo-poema di preghiera e blasfemia,
            di sensi e di simboli, di nevrosi e catarsi, romanzo di formazione.
            Dalla riproposta, presso Adelphi, del bellissimo Tragedia
            dell’infanzia (1945) di Alberto Savinio agli ultimi racconti
            di Gianni Celati, autore del non dimenticabile “romanzo
            d’infanzia” La banda dei
            sospiri (Einaudi, 1976; ora in Parlamenti buffi, Feltrinelli, 1989). Il nuovo libro di Celati, tra
            l’altro, fin dal titolo (Cinema
            naturale, Feltrinelli) potrebbe essere utile anche per coloro
            che non trovano il tempo di leggere, e magari appunto perché il
            loro tempo è occupato dalla lamentazione circa gli studenti che non
            leggono o perché si trovano in una sala buia a vedere un film. Dice
            inoltre Celati nella Notizia
            introduttiva: «scrivendo o leggendo dei racconti si vedono
            paesaggi, si vedono figure, si sentono voci: è un cinema naturale
            della mente, e dopo non c’è più bisogno di andare a vedere i
            film di Hollywood». Buon appetito. |