| Naftali il narratore da ècole 3 2001 | 
                                                                                                           

| Sono passati quasi dieci anni, ed ecco che finalmente ritorna in libreria un grande libro. Un grande libro del grandissimo Isaac Bashevis Singer. Si tratta di Naftali il narratore e il suo cavallo Sus e altre storie, che la Salani rimette ora in circolazione con l’aggiunta, rispetto alla prima edizione del 1992, di una ulteriore leccornia: una inedita bellissima sovraccoperta  di Fabian Negrin.         
          Sono tutte storie già conosciute, e
          non solo perché qui solo ristampate, ma anche perché tutte contenute
          nei due splendidi volumi di Storie
          per bambini pubblicati nella collana “Contemporanea” di
          Mondadori per l’ottima traduzione di Riccardo Duranti. Niente di
          nuovo, insomma, eppure questo libro ha un merito in più, quello di
          porre in evidenza una storia speciale, quella che dà il titolo
          all’intero libro, Naftali il
          narratore e il suo cavallo Sus.          
          La storia è molto semplice, e narra
          nulla più che il percorso di Naftali, bambino ragazzo giovane adulto.
          Un percorso semplice, senza eventi speciali, contrassegnato da una
          sola passione, la passione per le storie, per il leggere e il
          raccontare. A Naftali piacevano molto le storie, e non voleva mai
          dormire senza che la madre gliene avesse raccontata almeno una. I
          genitori si lamentavano di questa sua passione, ma entrambi in qualche
          modo sapevano soddisfarla. Quando ebbe imparato a leggere affrontò
          avidamente i pochi libri incontrati a scuola, ma soprattutto fu
          colpito da quelli che portava Reb Zebulun, un libraio ambulante che
          arrivava in paese due volte all’anno. E così, una volta cresciuto,
          decise di non intraprendere il mestiere di vetturino del padre, ma di
          utilizzare gli apprendimenti comunque conseguiti nella cura del
          cavallo per andare in giro a raccontare.         
          La storia è tutta qui, senonché
          almeno un paio di elementi ne fanno una storia straordinaria. Prima di
          tutto la lingua che la racconta e la centralità delle storie. Una
          lingua asciutta, essenziale, al di là di ogni tempo e di ogni luogo.
          «Quando un giorno è passato, non c’è più. Che cosa ne rimane?
          Niente più di una storia. (...) Il mondo intero, l’intera vita
          dell’uomo, sono un’unica, lunga storia».         
          Il secondo elemento è il rifiuto
          dell’antropocentrismo, con una connotazione specifica che fa di
          questo racconto, compiutamente “singeriano”, un racconto
          tolstoiano. Ogni volta che lo rileggo non riesco a non associarlo a Tre
          morti di Tolstoj, quel prodigioso racconto in cui le tre morti, di
          eguale importanza, sono quelle di un uomo, di una donna e di un
          albero. 
  
          «Quella primavera accadde un evento
          che Naftali aspettava e al tempo stesso temeva. Sus si ammalò e smise
          di brucare. Fuori splendeva il sole, e Naftali lo aveva condotto a
          pascolare là dov’era spuntata una fresca erbetta verde, punteggiata
          di fiori. Sus s’era accucciato nel sole e aveva osservato erba e
          fiori, ma senza mettersi a brucare. Dai suoi occhi traspariva una
          certa immobilità, la tranquillità della creatura che ha compiuto i
          suoi anni ed è pronta a concludere la propria vicenda terrena. E un
          pomeriggio, uscito a dare un’occhiata all’amato Sus, Naftali vide
          che era morto. Non riuscì a trattenere le lacrime. Quell’animale
          era stato parte della sua vita. Gli scavò una tomba non lontano dalla
          quercia dov’era morto, e lo seppellì. A segnalare la tomba, piantò
          nel terreno la frusta che non aveva mai usato, dal manico di quercia.
          E, stranamente, qualche settimana più tardi Naftali si accorse che la
          frusta si era trasformata in un arboscello. Il manico aveva messo
          radici nella terra dove giaceva Sus e aveva cominciato a mettere
          foglie. Sopra Sus crebbe un albero, una nuova quercia, che traeva
          alimento dal corpo del cavallo».         
          Quando anche Naftali morì, venne
          sepolto, assecondando il suo desiderio, sotto la giovane quercia
          cresciuta sulla tomba di Sus e i cui rami già toccavano quella
          vecchia. E sulla lapide vennero incise le parole «Amabili e
          piacevoli, in vita come in morte non furono divisi», le parole che
          nel biblico secondo libro di Samuele sono riservate a Davide e Gionata.         
          
          «Sì, le singole creature muoiono,
          ma ciò non pone fine alla storia del mondo. Tutta la terra, tutte le
          stelle, tutti i pianeti e tutte le comete rappresentano un’unica
          storia divina, una fonte di vita, un racconto infinito e meraviglioso». |